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Lazio, propongo un hashtag dedicato allo Stellone biancoceleste

Finale Coppa Italia, Curva Nord

Lazio, il nostro amico Gianluca “Baccarius” Bacchi ragiona sugli hashtag più in voga e ne propone uno simbolico

Navigando sui social, si è soliti trovarsi davanti parole precedute da un simbolo a forma di cancelletto (#). Sono i famosi hashtag che fungono da aggregatori di temi. Ecco che, entrando su Twitter, ne ho trovati e ne trovo molti dedicati alla Lazio.

Gli hashtag più di tendenza

Quelli più di tendenza sono: #positivismolazio, #punchingballlazio, #resilienzalazio, #gufimaledetti, #SFL, #nonmollaremai e – ultimo in ordine di tempo – #estremarimonta. La domanda è: cosa rappresentano? Cosa significano? Qual è il loro scopo?

Chiaramente ognuno è diverso dall’altro e contiene al suo interno un mondo di risposte. Tutti però hanno un denominatore comune: la Lazio, i suoi tifosi e tutto ciò che la e li riguarda. Sono hashtag di speranza, sogno, voglia, protesta, capacità di assorbire e ricevere colpi e attacchi, positività. Accomunano quei valori e ideali che ogni Laziale ha ricevuto come dono o eredità dai propri nonni o genitori e che dovrebbero senza se e senza ma, essendo uguali per tutti, unirli in un unico, compatto e granitico muro biancoceleste.

Unità e divisione

Ahimè, la realtà non è proprio così: spesso solo l’Amore per questo simbolo fa da collante tra i tifosi che, per altri versi, si dividono sulla società e sulla presidenza Lotito. Ma anche sull’assegnare patenti di lazialità, sul troppo disfattismo o senso di mediocrità, sui disamorati per troppo amore, su chi va allo stadio e chi no (con il conseguente risultato che chi va è Laziale e chi non va non lo è, o non lo è abbastanza).

E poi ancora, su chi sarebbe contento dei non risultati della squadra per poter poi dire: “Te lo avevo detto”, “’Ndo volemo anna’ co’ sta’ società”, “Certi giocatori manco in promozione giocherebbero” o “Sta società nun ha ambizioni e nun vole cresce e anna’ in Champions”.

Una spaccatura, questa, che permette ai nemici della Lazio di trovare terreno fertile per attaccare, infangare, colpire senza remore, senza onestà intellettuale né, tantomeno, deontologia professionale, tutto l’ambiente biancoceleste.

Dovremmo farci sentire

Lecitamente il tifoso si chiede cosa faccia la Società per difendersi e tutelare i propri diritti economico‐sportivi e quelli del suo popolo. Credo sia necessario scendere metaforicamente  in ‘guerra’. Come? Imponendo la propria presenza in tv, sui giornali, nelle radio, ponendo all’attenzione degli addetti ai lavori e di chi usufruisce dei servizi della comunicazione quello che subiscono da tempo immemore la Lazio e i suoi sostenitori. Spesso tacciati di essere, paradossalmente, il male del Paese.

Bisognerebbe denunciare tutto ciò nelle sedi opportune, non dimenticando un elemento fondamentale: la Lazio è quotata in borsa e il danno che va a subire, ogni qualvolta si verificano queste situazioni, è anche monetario e patrimoniale. Sarebbe cosa buona e giusta sottolineare, da parte dei media, il fatto che la Lazio abbia da anni il bilancio con il segno + (al tifoso questo però interessa meno, preferirebbe giocatori in più e meno denari in cassa).

Per il sistema calcio in Italia, però, questo è clamorosamente e inverosimilmente un fattore frenante e limitatorio verso una regolare corsa ai posti che contano in classifica, posti che garantiscono fior di milioni di euro alle società classificatesi nei primi 4 posti.

La Lazio si iscrive regolarmente alla Serie A, presentando bilanci in ordine, le giuste e regolari garanzie, al contrario di altre che beneficiano del fatto che “la Figc non considera il bilancio consolidato, che dà la rappresentazione più completa dei conti, ma il bilancio di esercizio della sola SpA capogruppo”. Viene da sé, quindi, che tali squadre abbiano necessità di mettere a bilancio i soldi della partecipazione Champions e di plusvalenze atte a gonfiare le valutazioni di alcuni giovanotti, in modo da sistemare e ripianare in qualche modo il rosso finanziario.

Anche politicamente parlando, ritengo che in città vengano adottati due pesi e due misure nel trattare le squadre della Capitale, cominciando dalla questione stadio, passando per le presenze dei vertici capitolini a presentazioni riguardanti chi è nato dopo di noi.

Il bellissimo #estremarimonta e lo Stellone biancoceleste

Il calcio sta diventando una farsa, un gioco meno credibile del wrestling americano, ed è proprio qui che interviene il bellissimo hashtag #estremarimonta, che vuole infondere coraggio a tutto il mondo Lazio per compiere l’impresa di arrivare in Champions. #estremarimonta deve essere il collante tra società squadra e tifosi, lo sprone per dare il massimo sportivamente e di comunicazione/denuncia a livello societario, affinché al temine di questa stagione non ci siano rimpianti per il risultato del campo.

Permettetemi però, in questo che è ormai un tempo ‘social’, di essere e tornare romantico. Più che agli hashtag come unione di intenti  e sogni, voglio affidarmi a quello che da sempre rappresenta l’ancora di salvataggio e la rivincita dei Laziali: lo Stellone della Lazio, che il giornalista e tifoso laziale Sandro Petrucci sosteneva intervenisse, nei momenti di estrema difficoltà, a protezione e salvaguardia della società biancoceleste.

È stato così fin dalla nascita della Lazio, quando ha illuminato e ispirato Bigiarelli & Co. nella decisione di fondare la Podistica Lazio nel lontano 1900. Ma anche quando nel ’27 rese chiaro al Generale Vaccaro che la fusione con la Roma non era minimamente fattibile e, rivolgendosi a Foschi, disse: “La Lazio è Ente Morale dal 1921 per Regio Decreto, con una sua storia, quindi non può scomparire. Se proprio vogliamo creare una nuova società, ben venga ma il suo nome dovrà essere Lazio, i colori bianco e celeste e il campo la Rondinella”.

Lo Stellone guidò  la squadra del ’58 alla vittoria della Coppa Italia, il primo trofeo della società, così come indicò la via alla truppa Maestrelli nel ’74 verso il primo scudetto della storia laziale. Negli anni ’80, quelli del calcioscommesse, l’entità provvidenziale ha protetto la Lazio dal rischio più che concreto di sparire dal panorama calcistico nazionale. La nostra buona stella diede ai ragazzi del ‐9 trascinati dal compianto Fiorini, dal toscanaccio Fascetti e da Poli, la forza e la capacità di salvarsi da una retrocessione  quasi scontata, compiendo un’impresa che rimarrà per sempre nella mente e nel cuore del popolo laziale.

Il nostro Stellone è stato presente il 14 maggio del 2000 nel giorno del secondo scudetto, perché un campionato non è mai stato vinto in quel modo per certi versi assurdo e irripetibile. In definitiva credo che gli hashtag fin qui associati alla Lazio siano quanto mai esplicativi e azzecati, ma mi permetto di dire che quello più giusto – a livello sentimentale e di aggregazione a cui fare riferimento – e che da oggi sarà per sempre il mio, sia #stellonesslazio.

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5 anni fa

Baccarius….prima una piacevole sorpresa…
Ora una certezza….bravissimo…Leila Cimarelli Alessandro Smanassi…che ne dite

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5 anni fa

Baccarius….la solita garanzia…Assumetelo a tempo pieno….

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