Oggi è la festa del papà. Auguri, ringraziamenti e ricordi a tinte biancocelesti per una delle persone più importanti della vita.
Il mio papà è il migliore di tutti. Basterebbe questo pensierino da prima elementare, che può valere un po’ per chiunque, per descrivere l’importanza di un padre nella vita dei suoi figli. Una frase carica di tutto l’affetto e l’attaccamento emotivo possibile, come solo un bambino sa esprimere. Se poi il destino ve ne ha dato uno che vi ha trasmesso la passione per la Lazio, allora oggi, per la sua festa, oltre gli auguri, dovete anche ringraziarlo.
Io al mio l’ho già detto. Per tutto quello che ha fatto e fa per me e perché, anche con l’aiuto del suo papà, mi ha insegnato a essere laziale. Lui che della ” storia moderna” biancoceleste ha visto praticamente tutto. È nato a gennaio del 1958, quindi, tecnicamente, c’era quando Lovati alzò al cielo la prima Coppa Italia. Certo, non può raccontarmelo. E ormai non può farlo nemmeno mio nonno. Ma di tutto il resto, negli anni, mi ha spiegato per filo e per segno ogni dettaglio. L’infanzia nei difficili anni ’60. L’epopea dell’era Maestrelli e la gioia del primo scudetto. Lo sgomento per la morte di Re Cecconi. La delusione per gli episodi del totonero. Chiodi che tira sul palo il rigore decisivo per tonare in A. La sua totale indifferenza il 30 maggio 1984, perché lui è “tifoso di” (o almeno questo è quello che ha sempre voluto far credere), non “anti“.
E poi sono arrivato io. Comodi gli anni ’90. Però proprio lì i suoi racconti sono stati importanti. Mi sembrava assurdo che una squadra così forte avesse vinto una sola volta il campionato. Lui mi fece capire.
La prima volta allo stadio insieme avevo 7 anni. 10 maggio 1998. Lazio – Fiorentina. Sotto di 3 gol al 41′. Una partita senza valore di fine campionato. Poco prima dell’intervallo, autogol di Serena per il 3-1. Lì, con papà, ho imparato a esultare. Perché se lo faceva lui, che era stato a 9 minuti di distanza dalla serie C, allora tutto sommato, potevo essere felice anche io. A prescindere. Alla fine, per la cronaca, perdemmo 4-1. Ma io non vedevo l’ora di tornarci all’Olimpico.
Per questo e per tutto il resto, probabilmente anche più importante del calcio, te lo ripeto anche qui: auguri di cuore papà. E grazie.