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La colpa di avere un cognome pesante… #Micamistabene

Mica...mi sta bene

Nella prima uscita della rubrica diversamente diplomatica di quest’anno, uno sfogo contro chi sui social ha insultato Etienne Tare.

Di Micaela Monterosso

Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti. Lo dice Sacchi, mica io. Chi sono per contraddirlo?

Dopo un’estate convulsa e isterica condita da addii dolorosi, grandi annunci e mail sbagliate (questa ammetto che mi ha fatto ridere di gusto), il calciomercato è finalmente chiuso. Poteva andare meglio? Sì. Poteva andare peggio? Assolutamente sì.

Ho evitato di scrivere rubriche per quasi tutta l’estate. Nonostante abbia avuto più di un assist degno del miglior Luis Alberto, ho preferito comportarmi come un Correa qualsiasi e lasciar cadere nell’oblio. Almeno fino a ieri mattina, quando Etienne Tare ha ricondiviso sui suoi social gli insulti di qualche simpaticissimo supporter.

Minacce di morte, sgrammaticate per altro, degne del peggior tifoso di Essi ad indirizzo suo, del padre e della famiglia. La domanda che mi sorge spontanea è: perché? Per quale motivo prendersela con un ragazzo che ha l’unica “colpa” di avere un cognome pesante (sempre secondo voi)?

Io credo nel potere del dialogo, laddove non si possa dialogare, è bene tacere. Si può avere ragione nel considerare il mercato non all’altezza delle aspettative (sì, anche io avrei voluto Messi a zero, ma mi dicono che c’era distanza sull’ingaggio), ma da qui ad insultare una persona ce ne passa. Specialmente se poi, nel caso in cui ve la trovaste davanti, chiedereste una foto.

Il direttore sportivo ha le spalle larghe, è abituato, credo neppure lo tocchino le vostre parole ma attenzione a chi tirate in ballo.

Per fortuna, e va evidenziato, buona parte della tifoseria laziale (quella bella) ha condannato il gesto di uno, due o tre dementi – passatemi il termine – e dato a quei messaggi il peso che meritano: il nulla. Resta però il gesto, che è sempre deplorevole e lo sarebbe anche se a esserne bersaglio fosse il ds della Roma, del Milan o della Juventus.

Il rispetto non ha bandiere né colore, è un valore universale. Imparatelo, specialmente sui social.

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