Nei primi cinque giorni di ritiro mister Sarri ha lavorato tanto tatticamente, dividendo la squadra in due reparti: difensori e centrocampisti con attaccanti
Nei primi giorni di ritiro, Sarri ha dovuto fare i conti con tanti assenti. Tutti giustificati, tranne uno. Questo “uno” è senza dubbio tra i più talentuosi della rosa, che da sempre si appoggia prima su grandi professionisti che su grandi giocatori come zoccolo duro.
Furono Lulic, Klose e Parolo, oggi Immobile, Acerbi e Milinkovic-Savic.
Sergej, un giocatore che fa gola alle top d’Europa ma è sempre in prima linea quando c’è da lavorare, da essere sostituiti o giocare lontano dal ruolo preferito.
La premessa deve essere chiara: teoricamente comportamenti come quelli di Milinkovic dovrebbero essere la normalità.
Ma nel calcio moderno, dove i calciatori hanno sempre ragione, facendo leva sulle tutele e la forza contrattuale oltre al mercato impazzito e adulante dei bad boys più che dei campioni silenziosi, Sergej è una rarità.
Mai una parola fuori posto, sorriso smagliante e disponibilità garantita per i colori biancocelesti.
Dentro e fuori dal campo, si è sempre dimostrato legato e devoto alla maglia che indossa.
In futuro potrebbe indossarne altre? Sarà possibile. Ma da quando è arrivato ad oggi, in un percorso che all’inizio non fu facile, non ha creato problemi se non alle difese avversarie.
Il paragone con l’altro talento del centrocampo guidato da mister Sarri è naturale e facilmente risolvibile a suo favore.
Tra polemiche su ruolo, stipendi, malumori dopo le sostituzioni e ora il ritiro “con comodo”, la figura di Sergio (come lo ha chiamato il Comandante) prende ancora più quota nel cuore dei tifosi, giustamente legati a un professionista esemplare.
Sperando che la grana L.A rientri definitivamente – perché è una stella della squadra ed elemento fondamentale – sarebbe bello che venga venisse contagiato dal più mite compagno di reparto, in un momento in cui tutti si stanno giocando il posto e chi lo ha di diritto dovrebbe tenerselo stretto