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La corsa di Danilo Cataldi, fenomenologia di un’esultanza

Lazio, rinnovo Cataldi
Cataldi e Leiva trattano i rinnovi

“Nella corsa di Danilo Cataldi dopo il gol, c’è tutto”: il racconto del nostro lettore Alessandro Sicari.

Nella corsa di Danilo Cataldi, dopo lo splendido goal al derby, c’è tutto. Nella sua folle volata verso la Nord, mentre si toglie la maglia urlando al cielo e con le vene gonfie sul collo, non vi è solo il momento cruciale di un calciatore, la vetta agognata da ogni giocatore, l’attimo culminante di una partita, di una vittoria più che meritata.

Nella corsa di Danilo Cataldi c’è tutto. Nel suo grido e nella sua gioia c’è la storia di un ragazzo cresciuto nella Lazio, c’è la storia di un laziale, c’è la vicenda di chi ha indossato – anche se per poco – la fascia da capitano e ha poi dovuto lasciare casa per crescere. Come un diciottenne per il servizio di leva, che torna e matura, diventa più forte di prima: migliore di com’era partito. Anche più capace di reggere le emozioni, di affrontare gli avversari, di trovarsi di fronte al pallone su un calcio di punizione o in azione.

Nella corsa di Danilo Cataldi c’è il riscatto, personale e di un collettivo che non molla mai. C’è la bellezza del calcio, che è quella di ogni sport. L’unità espressa nel gesto del singolo e c’è la straordinarietà di un passato che ha radici profonde e che Danilo conosce bene, perché è un tifoso come tutti noi.

Nella sua corsa c’è forse tutta la voglia di dimostrare – chiamatela rabbia, se volete – accumulata in questi mesi, in questi anni. C’è la volontà di andar oltre i torti, le voci, le critiche, i passi falsi fatti e quelli subiti e che si incanala nelle gambe, nell’equilibrio da prendere in corsa, nella decisione repentina dell’atleta, nello spiraglio della porta appena intravisto e infine nel calcio dato al pallone che si infila dietro al portiere. Goal – olè – la gioia: tutto, tutto.

Nella corsa di Danilo Cataldi c’è, in altre parole, l’esultanza di tutti noi laziali. C’è la felicità di chi sa che, avendo segnato, ha chiuso una perfetta e spettacolare partita – che non è una partita qualsiasi: è la partita più importante del campionato. Non solo per la Lazio, ma forse per tutta Italia.

Nella corsa di Danilo Cataldi c’è tutto, c’è il tifo, c’è l’appartenenza. Una cosa che non puoi capire se non la vivi. Danilo ha fatto né più né meno quel che ognuno di noi avrebbe fatto al suo posto: la corsa incontrollata, l’esultanza quasi scomposta, l’urlo forsennato, l’avvicinamento fisico alla Nord, quasi a toccarla, quasi a diventare un tutt’uno col tifo laziale. «Nella mia corsa non c’è altro che felicità» ha detto a fine partita, a sangue freddo.

E in effetti, c’è la felicità condivisa da tutti noi, con tutti noi. È la felicità sì di un professionista maturo e nel contempo di un ragazzo che ha fatto uscire non solo il ragazzino laziale cresciuto nella Lazio, ma anche il ragazzino perennemente laziale, per sempre laziale, sempre più laziale presente in ognuno di noi.

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