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Sarri, troppi alibi alla squadra: la mentalità si costruisce anche fuori dal campo

La sconfitta con il Feyenoord – e la retrocessione in Conference League – lascia una macchia importante nel cammino europeo biancoceleste.

La Lazio – da anni – è in netta difficoltà nelle competizioni europee (tolto l’anno della Champions League) e su diciassette trasferte solo in due occasioni la rosa biancoceleste è riuscita a tornare nella Capitale con i tre punti. Un discorso di mentalità, personalità – anche perché questa squadra ha già dimostrato di saper giocare a calcio – con giocatori che nel campionato di Serie A sembrano a proprio agio, mentre in Europa League perdono completamente il senso dell’orientamento.

Uscire in un girone modesto come ha fatto la Lazio non è ammissibile, per una squadra che vuole raggiungere traguardi importanti come la Champions League. In questo momento – sperando che giocatori, allenatore e società inizino a remare in modo differente – la dimensioni e della Lazio è quella della Conference League. Una “punizione” che deve servire da lezione a tutto l’ambiente (squadra compresa) per evitare figure – come quella in Danimarca- viste in questa stagione.

Se in campo l’arrivo di Sarri ha portato linfa nuova e un evidente cambio di marcia, parlando di tattica e gioco, lo stesso non si può dire fuori dal rettangolo di verde. Troppi alibi cercati dal tecnico – in certi casi più che giusti, come alcuni torti arbitrali ricevuti – creano una sorte di barriera protettiva intorno a questi ragazzi, che di certo non brillano in mentalità e personalità. Le famose frasi: “La Lazio non può competere per due competizioni” (in questo caso la società dovrebbe iniziare a fare il suo), oppure “l’arbitro ha penalizzato la gara” o ancora: “La Uefa non ci aiuta” rappresentano una sorta di boomerang all’interno dello spogliatoio, che invece di reagire alle brutte figure o alle avversità si “coccola” sulla sindrome dell’accerchiamento.

Si vince in 22, si perde in 22 e qualche volta sarebbe opportuno sentire frasi diverse dopo una sconfitta, anche, e soprattutto, per il bene dei calciatori, perché la mentalità vincente si costruisce non solo portando a Roma giocatori di personalità, ma anche mettendo gli attuali componenti della rosa davanti alle loro responsabilità.

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