Di Sandro Di Loreto
Sguardi bassi, qualcuno accende il cellulare per vedere sui social cosa dicono, parole quasi sussurrate in sottofondo insieme allo scrosciare dell’acqua delle docce.
Una sensazione di frustrazione e di sconfitta che appesantisce l’aria dello spogliatoio.
Difficile dire qualcosa, difficile spiegare questa sconfitta, difficile pensare a quello che verrà, difficile dimenticare e andare oltre.
Per questo comincio a sorridere.
“Mister, oggi non ha funzionato nulla. Ci sentivamo stanchi, vuoti, impotenti.”
Continuo a sorridere.
“Mister, siamo stati fortunati a chiudere il primo tempo in vantaggio, ma non siamo stati capaci di sfruttare questo regalo per giocare meglio, per cambiare la partita”.
Mi guardo intorno, sempre sorridendo. La squadra mi guarda senza capire i miei sorrisi.
“Ragazzi, di quello che è successo oggi non me ne importa niente e non dovrebbe importare niente anche a voi. Abbiamo perso nella testa, prima che nelle gambe, perché da troppo tempo ci siamo smarriti dentro discorsi banali e retorici che ci hanno fatto dimenticare chi siamo e che facciamo: viviamo ogni giorno il nostro sogno.
Ci sono, là fuori, milioni di persone che vorrebbero essere qui, ma non hanno avuto in dono il talento e la fortuna per stare con noi.
Viviamo le partite come un impegno, viviamo i lussuosi viaggi che facciamo come uno stress, viviamo il calendario delle partite come un monte da scalare, i grandi avversari come impossibili sfide e questo ci consuma.
Eppure, da bambini sognavamo di vivere tutto questo, lo abbiamo desiderato, lo abbiamo conquistato e adesso ci pesa perché abbiamo smesso di vedere le cose come sono: un grande privilegio.
Giocheremo la prossima partita con Il Milan, e poi andremo a Monaco per vivere una notte da impazzire sotto gli occhi del mondo. Vivremo emozioni forti, stimolanti, e lo faremo facendo quello che ci piace fare: essere calciatori e allenatori. Si dice “Il gioco del calcio” e non “il lavoro del calcio” e quando si gioca ci si diverte, ci si sente leggeri, ci si sente felici.
Io non vedo l’ora che arrivi venerdì e poi subito dopo martedì, e poi un altro viaggio, un’altra partita e la semifinale con la Juve, e poi chissà.
Verrà un giorno in cui tutto quello che oggi troppo spesso viviamo come un peso ci mancherà. Per questo finché possiamo godiamocelo fino in fondo, sempre con un sorriso.
Posso accettare di uscire dal campo perdendo, ma non posso accettare di entrare in campo perdendo. E perdiamo ogni volta che non sappiamo sorridere di noi stessi e della fortuna che abbiamo di fare quello che facciamo.
Per questo dimentichiamo tutto e torniamo a giocare perché è quello che sognavamo, è quello che sappiamo fare ed è quello che abbiamo la fortuna di fare per vivere.
Daje!”
Molto bello, ma molto retorico.
Poi c’è la realtà dei professionisti.
Perdona Sandro, ma Sarri non e’ Socrate e quei bei discorsi non li fara’ mai ai suoi giocatori privi di mentalita’. Il Sarri e’ un santone ormai privo di seguito e arroccato sul suo c/c bancario. Un saluto
I dinosauri non sanno parlare. Mugugnano, succhiano cicche e biascicano scuse. Talvolta fanno scarabocchi su fogli di carta. Questi discorsi non gli appartengono. Magari qualche caccola.
D’accordo con Fabrix e ANTONIO. Per me sta facendo di tutto per farsi cacciare e passare un anno sul divano di casa a spese del club come fece ai tempi della Rube, altro che discorsetti motivazionali da filmetto di Hollywood, eddai su…questo semmai butta là frasi DEmotivazionali a ogni intervista!