Quarto appuntamento della nuova rubrica, incentrata stavolta sul pareggio amaro rimediato dalla Lazio all’Olimpico contro il Monza
Finisce sotto un diluvio di fischi Lazio-Monza, meritatissimi. La squadra di Sarri quest’anno sembra la brutta copia di quella che l’anno scorso giunse seconda sciorinando un gioco quasi sempre vincente e convincente. In questa stagione a mancare non è solo Milinkovic-Savic, ma pure la brillantezza, la sagacia tattica e a quanto pare persino la condizione atletica.
Eppure oggi le cose si erano messe bene, grazie a un rigore assegnato al 12’ per una leggerezza di Ciurria che stendeva Zaccagni permettendo a Ciro di segnare il secondo gol della stagione, che gli permette di avvicinarsi a un passo da quota 200 con la maglia biancoceleste.
Ma il Monza di Palladino, si sa, è capace di tenere il campo in maniera superlativa, grazie al collaudato 3-4-2-1 che gli ha permesso di sfondare sulle fasce ancora con Ciurria (decisamente più abile in fase offensiva) e a Kyriakopoulos, terzini fluidificanti che hanno sistematicamente messo in difficoltà Hysaj e Marusic.
D’altro canto il nostro gioco finiva per imbottigliarsi regolarmente al centro con trame di gioco prevedibili, senza nessuno che si desse la pena di sovrapporsi sulle fasce, lasciando il povero Luis Alberto solo in mezzo al campo a sbracciarsi invano e predicare nel deserto.
Anche la rosa lunga è servita a poco: Guendouzi più frenetico che utile, Isaksen non pervenuto. E i cinque cambi intervenuti nel corso della gara non hanno mai dato l’impressione di invertire l’inerzia di una gara imbastita su giocate svogliate e torpide, e soprattutto su accorgimenti tattici scontati e mai pericolosi.
Sicché si direbbe che le cose migliori della serata siano avvenute sugli spalti di uno stadio che, ad onta dei prezzi tutt’altro che popolari, è apparso festoso (pure troppo, il tifo è iniziato durante il minuto di silenzio in memoria del Presidente Giorgio Napolitano) e ribollente di entusiasmo.
Immancabile lo striscione che ha omaggiato la prodezza di coppa di Ivan Provedel, “il portiere biondo che fa impazzire il mondo”, apparso nei distinti sud-est; mentre la Nord ha ricordato il povero Gabriele Sandri che oggi avrebbe compiuto 42 anni.
Non si capisce il minuto di silenzio x un personaggio super ambiguo e servitore di 4 o 5 padroni diversi durante la sua ‘onorata’ carriera. Ma l’Itaglia è qvesta. Comunque il gioco latita, tra passaggetti ed errori marchiani. Hai descritto bene lo svolgimento del non gioco sarriano: ‘imbottigliarsi al centro con trame di gioco prevedibili’. Cercasi allenatore giovane con idee non mummificate e stantie