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Sereni: “Provedel ragazzo in gamba e molto forte”

Matteo Sereni ha parlato ai microfoni della società.

LE SUE PAROLE.

Un uomo tutto d’un pezzo, sinonimo di resilienza. Un portiere con caratteristiche simili a una via di mezzo «tra Peruzzi e Pagliuca», come lui stesso si definisce. Matteo Sereni vive la sua seconda vita con una meritata e ritrovata serenità, dopo la battaglia legale, basata sulle false accuse dell’ex moglie, che gli aveva inizialmente revocato la potestà genitoriale. «Ne sono venuto fuori con giustizia e amore, dopo essermi chiuso in me stesso. Non auguro a nessuno quello che ho passato, ho dovuto avere molta pazienza.Ringrazierò sempre la mia compagnia Stefania e mia figlia Sofia, nata nel 2017, le mie forze». Oggi vive a Porto Cervo, dove lavoranel settore giovanile del club. Ma il passato calcistico rimarrà sempre dentro di lui. «Sono venuto a Roma lo scorso dicembre per il funerale di Mihajlovic. Sinisa era uno dei miei migliori amici, lo conoscevo da 25 anni, da prima che si sposasse. Mi manca ogni giorno».

Andiamo su temi più leggeri. Lazio-Torino è anche la tuapartita: cosa ti aspetti?

«Oggi seguo il calcio con molta tranquillità ma non mi perdo una gara di Champions League. Mi aspetto comunque una bella partita tra due squadre in salute. La Lazio deve continuare a fare bene per prendersi un posto in Champions League. Ti dirò di più: fossi nella squadra di Sarri, crederei fino all’ultimo allo scudetto. Sia chiaro, il Napoli ha chiuso da tempo il campionato. Però sai, finché non c’è la matematica…».

La Lazio di Sarri vanta la miglior difesa del campionato, ti aspettavi un impatto così decisivo di Provedel?

«Sarò sincero, non lo conoscevo bene. Ho iniziato a seguirlo solo da quando giocava nello Spezia, è cresciuto molto. Ha sfruttato bene l’occasione, non era facile, soprattutto in una piazza particolare come Roma. Si è subito integrato, dimostrando di essere anche un ragazzo serio, con la testa sulle spalle».

Dal presente al passato: è la Coppa Italia del 2004 il tuo ricordo più bello nella Capitale?

«
La Coppa Italia mi aiutò a sfruttare al meglio le occasioni, dopo le difficoltà iniziali. Trovai infatti un ambiente ostile, con aria di cambiamento e molta pressione. L’anno dopo conquistai invece titolarità e fiducia, iniziando a sentirmi un calciatore a 360°. Ho guadagnato tutto con il lavoro, nessuno mi ha mai regalato nulla.Non le mandavo a dire, forse è stato questo il mio limite.Allenandomi con Peruzzi imparai però a diventare meno esuberante. Per me andare in campo era un divertimento. Sicuramente era un calcio diverso da quello di oggi, che è molto più fisico. Avevamo campioni in ogni reparto. Feci bene, non a caso mi avrebbe voluto anche il Milan per sostituire l’infortunato Dida».

In chiusura: tre anni a Torino, cosa ti hanno dato quelle stagioni in Piemonte?

«Il Toro è stato il continuo di quello che mi ha dato la Lazio. Il calore dei tifosi mi ha esaltato, grazie a loro feci delle stagioni incredibili. Ancora oggi sento l’affetto. Arrivai dopo un periodo di inattività lungo un anno, ero molto carico e voglioso di fare bene».

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