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Lazio, Radu: “Con Lulic parliamo ancora del 26 maggio”

Stefan Radu ha rilasciato un’intervista speciale a “Lazio Style Channel”, in occasione delle 402 presenze fatte con la maglia biancoceleste

Come dobbiamo chiamarti, Stefan o Daniel?

“Potete chiamarmi come volete. In Italia mi chiamano tutti Stefan, in Romania tutti Daniel. Com’è più semplice per voi”.

Come ci si sente a essere il recordman di presenze?

“Un motivo d’orgoglio. Non avrei mai immaginato di raggiungere questo traguardo importante, di superare Favalli”.

Da capitano più ammonizioni?

“Il mister aveva deciso di dare a me la fascia, non mi sentivo di fare il capitano, l’ho lasciata a Lulic. Penso che Senad sia una persona che merita questa fascia”.

Ti ricordi il tuo arrivo?

“Me lo ricordo bene, ero un ragazzino, ero spaventato. Ero arrivato in un Paese diverso, ero da solo. Però ho avuto la fortuna di trovare dei compagni che mi hanno accolto molto bene, piano piano sono diventato uno di famiglia”.

La prima partita a Firenze?

“Ho esordito con una bella vittoria, è stato un esordio importante a livello del futuro. Vincendo dopo tre giorni ti dà una carica e una spinta ancora maggiore”.

Chi è stato colui che ti ha aiutato di più nell’inserimento?

“Dico Pandev e Kolarov. Loro mi hanno insegnato tanto, erano all’inizio e mi hanno fatto inserire velocemente in questa squadra”.

La mia Nazionale è la Lazio?

“È la verità. Per motivi di salute ho deciso di puntare tutto sulla mia squadra, non mi pento di questo. Penso che sia stata la decisione più giusta”.

Cosa provi quando senti urlare il tuo nome allo stadio?

“Ti vengono i brividi, l’anno scorso l’Olimpico era sempre pieno ogni volta che giocavamo in casa. È uno stadio molto accogliente!”

I primi trofei?

“Ricordi bellissimi, anche se non avevo giocato. Quando si tratta di un trofeo lo vincono tutti e 23. Ho gioito come se avessi giocato per tutta la partita”.

Ruolo preferito?

“Mi trovo molto bene in difesa come centrale, nasco lì. Sono stato per tanto tempo spostato a sinistra, come terzino. Ma il centrale è il mio ruolo, con cui ho iniziato a giocare. Preferisco così”.

Preghiera a Catania dopo la scomparsa di tuo padre?

“È stato un momento delicato, sono passati già dieci anni da quel momento. Sono stati momenti particolari per me, quando ho perso mio papà è stato bruttissimo. Non mi nascondo, ho anche pensato di smettere. È stato uno shock”.

Gol dalla distanza?

“Quando arrivo dalla difesa all’attacco, purtroppo per tante volte sei molto stanco e non hai la forza di tirare. Sono passati anche gli anni, la forza non è quella di qualche tempo fa”.

26 maggio 2013: quel giorno è il giorno più bello da laziale?

“Lo racconteremo per tutta la vita, anche ora quando incontro Senad e parliamo tra di noi. Diciamo ‘ti rendi contro che se ne parlerà per tutta la vita? Che siamo nella storia di questa squadra?’. La coppa aveva un peso che non avevano immaginato. Con il passare del tempo, ce ne accorgiamo, è qualcosa di straordinario”.

Vinta con la forza del gruppo?

“Non mi ricordo nulla di quella settimana a Norcia, eravamo stressati e impauriti. È stata a livello mentale una cosa pazzesca, sapevamo quello che significava per i tifosi. Meno male che l’abbiamo vinta”.

Un’altra finale, questa volta con Pioli…

“È stata una bellissima finale. Praticamente siamo andati in vantaggio, giocammo bene. Sull’1-1 abbiamo avuto un doppio palo, ancora non capiamo come quella palla non sia entrata dentro. Siamo rimasti un po’ male non sia arrivata quella coppa”.

Supercoppa, Coppa Italia e ancora Supercoppa: tre trofei straordinari?

“Le finali sono fatte per essere vinte. Ci sono state anche parecchie finali che abbiamo perso. Non eravamo favoriti in queste gare, entrando con tanta umiltà e unità, siamo stati capaci di ribaltare i pronostici. Penso che la Lazio abbia dimostrato di essere una grandissima squadra”.

C’è stata una pausa di riflessione. Disposto a smettere pur di non indossare la maglia della Lazio?

“Sì, ve lo può confermare il mio procuratore. Avevamo parlato, volevo rimanere. Non me la sentivo di andar via in quel momento, sono orgoglioso di aver preso quella scelta, di esser rimasto”.

Rapporto con i compagni?

“Con i compagni mi sono sempre trovato bene, non so se ho dato fastidio a qualcuno. Sono stato un uomo spogliatoio, sempre per il bene della squadra”.

Esame Radu?

“L’ambiente laziale è particolare, devi sempre pensare a vincere. Il tifo è molto tosto. Quando arriva qualche nuovo, io lo spiego”.

Quando hai pensato di potercela fare?

“Non puntavo il record, sapevo che Beppe Favalli fosse a 400 partite, ma non mi sono detto di doverlo superare. Ho pensato partita dopo partita. Nel calcio  non bisogna pensare di battere record, è completamente diverso dalla normalità”.

Hai segnato a un tuo omonimo?

“È stato strano. Avendo Radu davanti, mi sono caricato di tirare e far gol”.

Walter Zenga ti voleva alla Sampdoria?

“Ho ancora un bel rapporto con Walter, ma tutti sanno che rapporto ho con la Lazio, e quanto ci tengo. Difficile che mi sposto”.

I tuoi figli piangono quando lasciano Roma anche per le vacanze?

“Sì, è vero. Sono nati qui, la loro casa è questa. Nel nostro lavoro si devono adeguare dappertutto. Dovevo tornare sempre a casa con un pensiero per loro. Un giorno ho trovato il duty free chiuso, si sono arrabbiati, hanno pianto tutto il giorno. Adesso sono cresciuti, è tutto cambiato. Capiscono i valori della vita, tutta un’altra cosa rispetto ai giochini”.

Come ti vedi in futuro?

“Vivo il momento. Ho ancora voglia di giocare, non mi sto immaginando ancora il futuro. Ancora ce la faccio a giocare, penso solo a questo, ad allenarmi bene”.

Grazie Stefan, so che non ti piace molto parlare…

“Non amo stare davanti alle telecamere, mi piace parlare in campo. Bisogna lasciar parlare quello”.

Canti ‘Non succederà più’?

“Era la canzone che cantavamo io e Marchetti. Sempre al termine delle vittorie. L’altra è ‘Sarà perché ti amo’ (ride, ndr)”

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