Caso tamponi, per la Lazio è caduto il capo d’accusa relativo all’allenamento contestato del 3 novembre. Per Lotito non c’è responsabilità oggettiva
La Lazio è stata punita con 150.000 euro di multa, Lotito con un’inibizione di 7 mesi mentre i medici Rodia e Pulcini per 12. Questo ha deciso il tribunale nazionale federale lo scorso 26 marzo, durante il processo sul caso dei tamponi che ha visto coinvolta la società biancoceleste, accusata dalla procura federale di aver violato il protocollo anti Covid.
Il giudice Mastrocola, a capo del collegio, ha comunicato le motivazioni della sentenza. La Lazio è stata ritenuta responsabile delle mancate comunicazioni con le asl di riferimento: è stata quindi manchevole nelle “conseguenti misure di comunicazione idonee ad attivare le conseguenti attività da svolgere in stretta interlocuzione con l’autorità sanitaria”. Cade invece il capo d’accusa per l’allenamento contestato di Immobile, Strakosha e Leiva il 3 novembre, quello alla vigilia di Zenit-Lazio per “per il brevissimo lasso di tempo intercorso dall’intervenuta ricezione della comunicazione delle positività alla fine dell’allenamento”.
L’accusa aveva richiesto 13 mesi e 10 giorni d’inibizione al presidente Lotito per responsabilità oggettiva, che non è stata ravvisata dal tribunale. “Non sembra possa imputarsi al Lotito quanto espressamente contestato in deferimento”, in quanto non aveva responsabilità specifiche nel campo medico-sanitario. È stato comunque sanzionato per 7 mesi per non aver imposto “un comportamento idoneo a vietare ai positivi di poter rientrare nei ranghi della squadra ed imporre loro l’isolamento previsto”.
Lotito lavora per uno sconto della pena, così come tutta la Lazio che avrà un mese di tempo per presentare ricorso al Caf (Corte d’appello federale), presieduta da Tarsello.