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Mica… mi sta bene: sopravvissuta alla traversa, mi godo questa squadra meravigliosa

Dopo il rischio infarto al 93° di Lazio – Bruges, torna la rubrica diversamente diplomatica per brontolare anche sul passaggio del turno.

Di Micaela Monterosso

Extrasistole: letteralmente significa “battito aggiunto” ed è la forma più semplice di aritmia, oltre che la più comune.
Le extrasistoli sono un’alterazione del normale ritmo del battito cardiaco, il più delle volte benigna. Tra le cause più frequenti c’è l’alto consumo di caffè, coca cola, bevande alcoliche e partite della Lazio. Sono molto diffuse nella popolazione e raramente rappresentano un rischio per chi ne soffre, tranne nel caso di partita da dentro o fuori, con una traversa all’ultimo secondo (la spazza Radu, sempre sia lodato).

Sono sopravvissuta, nemmeno io so bene come, alla partita di ieri sera. Da brava laziale, l’ottimismo non è una dote che mi appartiene e – conscia del destino dei biancocelesti quando 2 risultati su 3 sono favorevoli – visto anche il gol di Correa, ho subito capito che no, non sarebbe stata facile neanche un pochino.
Sul 2-2 dei belgi ho iniziato ad avere problemi di ventilazione, salivazione azzerata e richiesta (più o meno cordiale) di intercessione ai piani alti (mi si è suicidato il presepe, sarà un caso?).

Pur di salvare le mie coronarie, ho fatto quello che faceva mia madre quando io ero piccola, durante le partite (ora ha risolto il problema smettendo di guardarle): ho pulito lo specchio del bagno, sistemato gli asciugamani in ordine cromatico, spolverato le palline dell’albero una per una (volevo pulire i vetri, ma era buio e pioveva) fino alla traversa del Bruges. Lì credo di essere svenuta. Non ricordo. So solo che ho riacquistato il dono della parola e della comprensione del linguaggio umano solo questa mattina.
Nonostante la qualificazione, però, c’è chi ha il coraggio di criticare la prestazione, la sofferenza, quegli ultimi 15 minuti di buio. Posso dire quello che penso senza filtri? (Direttore non mi censurare)
La Lazio ha centrato un obiettivo insperato, chiudendo il girone da imbattuta. Con il covid, le assenze, i tamponi ballerini, le inchieste pilotate. In 13 a Bruges all’andata (mica ve lo sarete dimenticato?) con la primavera (!!!) in panchina. Hanno lottato, spendendo tutte le energie, comprese quelle che non avevano, per raggiungere un traguardo che mancava da 20 anni. Vent’anni. Sapete quanti sono? Io sì. Ero una creatura, l’ultima volta.

Non abbiamo vinto niente, è vero. Ma godiamoci questa squadra meravigliosa. Senza critiche, senza analisi tattiche, senza recriminazioni varie. Non è il momento. Solo ammirazione per quanto hanno fatto e stop. I se, i ma, i forse, lasciamoli da parte. Ci serviranno più avanti. Simone lo ha detto: domani capiremo che cosa abbiamo fatto stasera. E io l’ho capito: la storia. Questo manipolo di pazzi (pure un po’ sadici, diciamocelo) ha centrato la qualificazione agli ottavi dopo 20 anni. Da Inzaghi a Inzaghi. Ancora lui. Sempre lui. Che dite, un bel rinnovo sotto l’albero me lo fate trovare? Dai che quest’anno sto da sola, con i congiunti fuori regione e manco un pacchetto da scartare. Presidente, sia buono. La prego.

Questa qualificazione è di tutti: di Ciro (che nel frattempo continua a macinare record, con nonchalance), di Radu che chiude con la fascia al braccio (poesia), di Lazzari (ma quanto corre?) e Akpa Akpro ma soprattutto, di Lulic. Torna presto, capitano.

Menzione speciale per Wesley Hoedt. Quando, a chiusura del mercato, avevo detto “ci stupirà”, avevo ragione. È cresciuto esponenzialmente, si è messo a disposizione e ieri ha quasi decapitato De Katelaere per togliergli quel pallone dalla testa. Senza di lui, oggi, guarderemmo all’Europa League.
Bentornato Wes, grazie ragazzi, forza Lazio!

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