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Lazio, Pandev: “La doppietta al Real Madrid uno dei momenti più alti della sua carriera”

Pandev

Il procuratore di Goran Pandev ha parlato ai microfoni di TMW Radio del momento magico del suo assistito.

Da quanto è che lo segue?
“Ho iniziato che era il 2003, insieme a Giovanni Branchini e la sua agenzia, della quale faccio parte da quel periodo. Mi fu presentato allora, ed entrammo in sintonia. L’avevo visto giocare un anno prima con l’Ancona Primavera, mentre recuperava da un infortunio, ma anche in un Torneo di Viareggio con l’Inter, contro il Bayern Monaco: tutti erano lì per vedere Martins, e invece ecco questo mancino che ne fece tre nel primo tempo. Nacque un feeling grande, mi ha messo alla prova con cose che non starò a ripetere, poi una volta mi ha invitato in Macedonia, per vedere la partita con la Romania, ed è lì che è iniziato questo grande legame. Sono cresciuti molto, l’evoluzione della Macedonia c’è stata anche grazie a Goran, che ha fatto conoscere il calcio macedone anche all’estero, soprattutto dopo il 2010. Oggi ci sono talenti che giocano in Europa, vedi Elmas a Napoli, Bardhi al Levante o un mio altro assistito cui sono legatissimo che è Ristovski, allo Sporting Libsona. Ma ancora Nestorovski, Trajkovski… Il fatto di essersi confrontati con campionati importanti li ha fatti crescere, e questa impresa era nell’aria, già l’U21 aveva avuto un buonissimo exploit qualche anno fa. C’erano nuove consapevolezze. Aggiungo poi che lo stesso Pandev a un certo punto della carriera, nel 2013, si era allontanato dalla selezione nazionale deluso per come stavano gestendo le cose: lo hanno richiamato a gran voce e lui si è messo in gioco per queste Qualificazioni. Ha sentito forte il peso delle responsabilità, bello vedere anche come la squadra si sia unita al suo capitano”.

Dove hanno saputo lavorare meglio negli ultimi anni?
“Il talento era già presente nel paese, c’è nel DNA di slavi. Erano carenti forse sotto l’organizzazione di gioco e l’indole: bravo anche il ct Angelovski a scegliere giocatori che si sono messi a disposizione e trasformare un gruppo di ottime individualità in una squadra. Per esperienza personale dico che ho visto crescere abbastanza il campionato locale macedone, e un impulso l’ha dato anche Pandev, che nel 2010 ha creato una squadra, l’Akademija Pandev. Hanno iniziato dalla terza serie risalendo fino alla prima, lo scorso anno hanno vinto la coppa nazionale e partecipato alle qualificazioni all’Europa League, una grande soddisfazione. Da lì stanno emergendo grandi talenti, se ci si pensa anche lo stesso Kulusevski della Juventus ha origini macedoni, anche se poi ha scelto la Svezia. Mancava un po’ di attitudine alla vita e al lavoro che deve avere un atleta. Si parla anche di un paese giovane e pieno di situazioni difficili, dove il calcio può diventare opportunità per emergere”.

Il segreto di Pandev è lo stesso di Ibrahimovic?
“L’essere professionisti senza dubbio: hanno imparato a gestire se stessi e il proprio fisico, a curarsi bene. Goran ormai è italiano, ricordo quand’era più giovane che campava della forza fisica, poi piano piano ha iniziato a capire come allenarsi e l’alimentazione giusta per lui. Ha anche tanta esperienza di allenatori, e devo dire che si è trovato sempre bene con chi lo allenava dal punto di vista della forza, e negli anni penso abbia imparato a gestire i carichi di lavoro. Il suo segreto potrebbe essere anche una famiglia eccezionale, che gli ha dato sempre tranquillità. Legatissimo alla sua terra, vive per il calcio anche se non è tipo da guardarsi diciotto partite al giorno. La grande differenza la fa la passione, e la sua è enorme, scevra da tanti fronzoli che vedo in tanti giovani che crescono pensando troppo al taglio dei capelli e al tatuaggio. Tra tante cose lette in questi giorni, la cosa che mi ha fatto piacere è stata veder sottolineata la sua sobrietà, ed è vero: è un ragazzo semplice e genuino”.

Quale il suo titolo cui è più affezionato?
“Più che titoli, momenti. Ricordo la doppietta al Real Madrid alla prima partecipazione in Champions all’Olimpico, e lì capii che niente sarebbe stato più come prima. Aveva fatto il definitivo salto di qualità, e se non ricordò male segnò cinque gol nonostante poi la Lazio venne eliminata ai gironi. Anche il Triplete, con la finale di Champions League, qualcosa di irripetibile: Mourinho l’aveva capito in pieno, sposando la sua attitudine e la sua umiltà. Ci ha scommesso tanto, anche se era il meno personaggio tra tutti gli attaccanti in rosa. Non è mai egoista quando gioca, è un generoso, altruista ed è più assist-man che goleador. In quella stagione in cui ha fatto anche il terzino l’ho visto segnar meno, ma è stato un gran periodo anche perché veniva dopo l’epilogo sofferto con la Lazio. A Napoli invece mi ha raccontato del calore ricevuto dopo una Coppa Italia, bellissimo. Ha vissuto in grandi piazze, forse l’unico errore della sua carriera è stato il Galatasaray nell’ultimo anno di carriera ma non si sentiva apprezzato da Benitez. Diciamo che voleva giovani corridori sulla fascia, ma non lo disprezzava comunque. Forse, per sua stessa ammissione, ha sbagliato anche lui e non ha vissuto un’annata indovinata”.

Con Prandelli?
“Sì, all’inizio, ma per poco. Sarebbe stato bene per quello, forse, ma Prandelli durò poco”.

Quindi forse anche la sua fu una scelta avventata.
“Era alla prima squadra dopo la Nazionale, e anche per me è stata la prima esperienza in Turchia da procuratore: non sono realtà facili, ve lo assicuro. Goran si adatta bene, ma lui è più italiano che macedone, sentiva la mancanza dell’Italia. C’era il problema che uscendo dalla Serie A era extracomunitario, poi ci ha pensato Preziosi che l’ha sempre voluto negli anni. A Genova però non sono state subito rose e fiori: nei primi sei mesi non fece granché bene, anche lo stesso Preziosi non era molto contento, ma nel finale fu convinto. Era una Ferrari impolverata”.

Il Genoa potrà vivere una stagione più serena?
“Erano partiti benino, poi però il Covid ha fatto un tritello e hanno iniziato a perdere partite e punti preziosi. Ora si sono messi in una posizione un po’ difficile e devono recuperare: credo non sia una passeggiata, ma con la rosa che hanno possono centrare abbondantemente l’obiettivo. Anche perché ci sono giovani interessanti che possono crescere loro con la squadra. Con così tanti ragazzi la speranza è che la situazione non diventi troppo delicata: quando tremano le gambe, ci vogliono giocatori veri. Sulla carta sono attrezzati per salvarsi tranquillamente”.

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