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Brescia - Lazio, ancora ballottaggi in corso per la sfida di domani

Testa, gambe, piedi, cuore, potenza e fede. Questi gli ingredienti vincenti della Lazio di Inzaghi contro il muro eretto dal Cagliari.

Di Alessandro Sicari

Chi è che fa due tunnel nel giro di un metro e mezzo? Chi attacca senza sosta, trovando un muro davanti più difficile da abbattere di quello di Berlino? Chi continua a lottare con testa, gambe e piedi non per 90 ma per 98 minuti di seguito? Chi ha nei ricambi degli uomini pronti a dar tutto anche per soli 10 minuti: 600 secondi o poco più? Chi sembra aver impresso sulla fronte, almeno fino ad oggi, il motto “vince sempre chi più crede”?

Questa Lazio macina chilometri, flirta col pallone, subisce ma picchia ancora più duro a centrocampo, in difesa e in attacco, supera barriere e abbatte i muri, come quello del Cagliari di ieri sera. Che difendeva anche coi raccattapalle, anche coi tifosi e i massaggiatori a bordo campo. Ci hanno provato in ogni modo a fermarci: gomitate, gambe tese non fischiate, spallate, manate e spinte in aerea di rigore mai viste. Nulla, sembrava un attacco all’arma bianca con un assente speciale, l’arbitro. Tutto ok, tutto regolare.

Partita all’inglese” ha detto qualcuno. Con l’unica differenza che in Inghilterra se rimani sdraiato a terra per più di 10 secondi verrai marginalizzato per il resto della tua vita calcistica, o giù di lì. Le hanno tentate tutte per fermare la banda Lazio: i ragazzi a bordo campo si perdevano i palloni ad ogni fallo laterale. Avrebbero potuto allestire un ospedale da campo dietro le porte, tanti erano i falli che subivano e le cadute lunghissime a terra. E noi? Muti, testa bassa con un solo obiettivo: espugnare la terra sarda. Ci abbiamo creduto non fino al 90°, non fino al novantunesimo. Fino all’ultimo maledetto secondo.

Perché le battaglie, si sa, le vince chi ha più fede. E tutti noi, ammettiamolo, l’avevamo un po’ persa ieri vedendo il solito copione: attacco, tante occasioni, un bel po’ di sfortuna e pochi risultati. Già all’88° risuonavano in testa le chiamate nelle radio a lamentarsi di questo e quello, di campioni che non incidono e di una mentalità da provinciale. Questo e quello, lui e non lui, Inzaghi sì, Inzaghi no. Sempre pronti a rimettere tutto in discussione. Anche dopo 7 vittorie di fila.

E invece ieri vinciamo la partita che fino a pochi mesi fa avremmo inevitabilmente perso, anche dopo un assalto di 98 minuti. La vinciamo perché ci crediamo. La vinciamo perché siamo la Lazio. La vinciamo perché quest’anno ci stanno tirando fuori le corde vocali e mettendo a dura prova il sistema nervoso centrale e anche quello cardiaco. Perché questi ragazzi ci vogliono far innamorare ancora di più di loro, come una donna capace di farti aspettare, ridere e farti sentire importante. Consapevole che sei parte di una storia importante. Di 120 anni. Ci avviciniamo così a questo fine dicembre e al nostro compleanno.

Testa, gambe e piedi. Cuore, potenza e fede. Forza Lazio.

 

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