Stop definitivo per il calcio sul fisco. E’ quello arrivato dal governo, che nella serata di ieri ha depositato il pacchetto di emendamenti riformulati al Dl Aiuti quater in commissione Bilancio del Senato.
Compreso quello sul superbonus, ma senza il pacchetto salva-calcio. Lo ha riferito il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. L’emendamento proposto prevedeva rateizzazione delle tasse non pagate da parte delle società sportive ed era stato riformulato accogliendo in parte le indicazioni del governo. Tuttavia, la proposta non è stata inserita nel fascicolo degli emendamenti depositato dall’esecutivo e che verrà sottoposto oggi alla votazione.
Il nuovo testo prevedeva che le tasse e i contributi sospesi nel biennio colpito dall’emergenza Coronavirus potessero essere versati integralmente il 22 dicembre oppure in 60 rate di pari importo spalmate su cinque anni, a fronte del pagamento di una mora del 3%. La nuova norma imponeva poi il versamento di tre rate entro sette giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del dl Aiuti Quater.
Il governo e il ministro dello Sport Andrea Abodi, da parte loro, hanno sempre opposto ragioni di opportunità (oltre che di copertura finanziaria): l’opinione pubblica non avrebbe capito l’aiuto a club che spendono milioni per i calciatori tra cartellini e stipendi. Resta quindi da pagare quasi mezzo miliardo di tasse, con i club di Serie A inevitabilmente tra i più indebitati con il fisco. Calcio e finanza.
- Inter – 50 milioni di euro
- Lazio – 40 milioni di euro
- Roma – 38 milioni di euro
- Juventus – 30 milioni di euro
- Napoli – 25 milioni di euro
- Fiorentina – 15 milioni di euro
- Milan – 10 milioni di euro
Sarebbe interessante vedere invece tutta la galassia di società sportive pseudo-professionistiche (che in realtà per dimensione sarebbero amatoriali) quanti deve al fisco in arretrato causa COVID, premesso poi che la maggior parte di queste società fattura principalmente con incassi derivanti dal botteghino (quindi nel periodo COVID e post-COVID non avranno incassato manco una nocciolina).
Questo tanto per far capire quanto in Italia sia assurdo i calciatori —veramente— professionisti siano equiparati ai lavoratori dipendenti per cui le società debbano versargli i contributi, anziché siano loro stessi a farlo in forma autonoma.
Ma i conti nostri non erano i migliori?
Questo è quello che ci fanno credere…