
Torna la Rubrica ‘diversamente diplomatica’, di Micaela Monterosso. Tema centrale: il derby di ieri sera vinto dalla Lazio.
Ucronìa: Termine coniato in francese intorno alla metà del 19° sec. (uchronie, dal greco οὐ «non» e χρόνος «tempo»). Consiste nella sostituzione di avvenimenti realmente accaduti in un determinato periodo storico con altri, frutto di fantasia ma verosimili, e trova applicazione in opere di narrazione letteraria, in opere d’arte, in pellicole cinematografiche, nel fumetto e in curva sud (mi perdoni la Treccani per il suggerimento).
6 novembre 2022, stadio Olimpico. Poco prima del fischio di inizio – come da consuetudine – le due curve mostrano le rispettive coreografie (Dazn ci ha fatto vedere solo quella della sud, ma pazienza). Nonostante lo stanziamento di fondi americani per la realizzazione della più epica coreografia della storia essica, sold out decantati da 20 giorni prima e le loro solite varie amenità, il tutto si traduce con l’ennesimo sventolìo di cartoncini gialli, rossi e bianchi (vi prestiamo qualcuno dei nostri, al ritorno, magari ci riuscite eh?) e un drappo riportante l’emblematica scritta; 1927: noi decidemmo di essere Roma. Tutto bello, per carità, non fosse per il fatto che “loro” non decisero assolutamente nulla e la storia parla chiaro. Semmai NOI decidemmo di non essere loro. E “loro” non sta per Roma, ma per un accrocchio di squadrette che – messe tutte insieme – avevano gli stessi tifosi della Sinalunghese in una domenica di pioggia.
C’è da aggiungere che – poverini – alle gaffe di questo tipo sono abituati. Solo nella coreografia di ieri (pagata dalla società, mi piace tanto rimarcare questo aspetto) sono riusciti non solo ad ammettere di essere arrivati con 27 anni di ritardo, ma anche a sbagliare a scrivere SPQR. La Q è diventata un 9. Questo perché alle elementari non gli hanno insegnato che prima si fa la “brutta” a matita e poi – se è il caso – la si colora. Ma tant’è… gli si vuole bene anche così.
Il derby che noi abbiamo affrontato senza Ciro (immenso in panchina), senza Milinkovic (Manganiello ancora si domanda cosa lo abbia ammonito a fare, visto che non è bastato) e che doveva sancire la loro supremazia cittadina, è finito come doveva finire. Ibanez, PEDRO (il vecchio bollito, sì), Felipe Anderson. Parlare prima porta male, ancora non lo hanno imparato. Fa parte del parterre delle gaffe che – puntualmente – fanno ad ogni benedetto derby. Se non parlano prima, solitamente mi preoccupo.
Dopo 100 minuti di gioco riescono a prendersela con Orsato (nonostante gli abbia concesso un tempo supplementare per provare almeno a tirare in porta), con Radu che andava espulso (Stefan merita un paragrafo a parte, scusate), con Casale per aver nascosto Abraham nel parastinchi e non per non avere un gioco, un’idea, una parvenza di squadra. In questo – ammettiamolo – noi siamo più bravi. Ce la prendiamo con tutti, ciclicamente, e vediamo difetti anche dove non ce ne sono, oggettivamente. Una cosa da loro potremmo pure impararla…
A proposito di imparare, propongo ai colleghi di Dazn di svolgere un compito a casa facile facile (approfittate della sosta dai, che avete tempo): riguardatevi la Live di Sololalazio con Riccardo Cucchi. Non il passaggio in cui dice che sono una “brava professionista”, quello è mio (Grazie Riccardo, tu sì che mi vuoi bene), ma quello in cui spiega il motivo per il quale nessuno ha mai saputo quale squadra tifasse prima di smettere: il rispetto per i tifosi. TUTTI i tifosi. Anche quelli della Juventus quel 14 maggio benedetto. Imparate da chi ha fatto la storia della vostra professione. L’abbonamento lo pagano i romanisti quanto i tifosi della Cremonese. Ricordatevelo.
Dicevamo di Stefan Radu, LUI. L’uomo partita. “Ruba” il pallone a Rui Patricio (lo ha visto fare dai loro raccattapalle, tempo addietro), il portiere invece di andarne a prenderne un’altra, cade nella provocazione e… il resto è la fotografia più bella della partita. Quel maledetto sorriso se lo sogneranno nei mesi a venire. Lo odiano, lui odia loro. Sportivamente, diciamo. È un equilibrio meraviglioso. MVP. Dalla panchina. Solo lui.
Menzione speciale, in chiusura, per Danilo Cataldi. Non mi è mai piaciuto – lo ammetto – non è Lucas Leiva, ma ieri sera sembrava anche un po’ di più. Fascia da Capitano, tifoso in campo. Nelle sue lacrime nel post partita c’erano quelle di tutto uno stadio (sì, tutto. Visto che Essi sono scomparsi al 98’, di nuovo, come quel famoso 26 maggio). Grazie Danilo, Grazie Ragazzi.
Loro “decisero” di essere Roma. Noi decidemmo di non essere loro. La differenza sta tutta qui.
