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Resilienza Lazio, ma Caicedo Mica… mi sta bene: “Tu così m’ammazzi!”

Mica...mi sta bene

Nella rubrica diversamente diplomatica di oggi: la resilienza della Lazio, il gol del pari di Inzaghi e il cane che esce quando entra Caicedo.

Di Micaela Monterosso

Resilienza: in psicologia, è un concetto che indica la capacità di fare fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Termine abusato – negli ultimi anni – anche e soprattutto per via di un tatuaggio diventato di moda (come i tribali negli anni ’90, per capirci). Tutti sono resilienti, nessuno – o pochi – sa cosa significhi.

Tranne la Lazio. Loro lo sanno e ce lo dimostrano, ogni volta che scendono in campo.

Come ha fatto Inzaghi ieri, nel post partita. Avrebbe potuto scagliarsi contro quel microfono, dirne quante se ne sentiva (e dall’espressione che aveva, se ne sentiva parecchie). Invece ha risposto come solo lui poteva fare: “Sono andato in Champions con 13 giocatori… non ho paura di niente”. Chi sa leggere tra le righe, lì ha capito tutto. Questo è il laziale. Lui è laziale.

Il gol del pareggio l’ha segnato Simone. Nel momento stesso in cui ha girato Marusic come un padre farebbe con il figlio in bicicletta, per evitare di farlo schiantare contro il muro. La corsa – quella corsa – la sua. Che poi è stata anche la nostra. Il mio cane, memore della partita contro il Torino, appena ha visto entrare in campo Caicedo, è uscito di casa. Poi dicono che non è vero che gli animali sono più intelligenti di noi. È tornato qualche istante dopo il gol, trovandomi – non so bene come sia successo – spalmata sul pavimento in preda a una crisi mistica. Panterone mio, va bene tutto, ma io c’ho una certa età… tu così m’ammazzi. Mica solo a me, poi…

È vero, non abbiamo vinto, ma abbiamo fatto molto di più. Sebbene qualcuno abbia provato a farci notare che il gol è arrivato ben 2 secondi dopo lo scadere del tempo (scandalo!!! Un altro!!! Lotito comanda!!!), abbiamo azzittato tutti. Almeno per qualche ora. Abbiamo lasciato che il campo parlasse per noi, contrapponendoci a quella che definire valanga di fango è un eufemismo. Per 94 minuti (e 2 secondi) non ci sono stati tamponi, laboratori, analisi, genomi strani, positivi, negativi, negativizzati, positivizzati, virologi improvvisati e piccoli Sherlock Holmes alla riscossa. Solo la Lazio. E a partita finita, uno per uno, tutti i nostri ragazzi hanno voluto rimarcare un concetto tanto semplice quanto, spesso, messo in secondo piano: la Lazio c’ha cuore. Inchinatevi di fronte al capolavoro di Simone Inzaghi (Presidente, non si dimentichi eh?) e godetevi lo spettacolo. È appena iniziato.

Il gol della Pantera è per Ciro, per Lucas, per Thomas e anche per Ivo. Come succede nelle grandi famiglie, stiamo tutti stretti intorno alla nostra creatura.

Nessuno osi toccare la Lazio.

Non ci fermate manco con le cannonate, sappiatelo. Continuate pure, se volete. Siamo abituati. Siamo laziali. Ce l’abbiamo nel DNA, la resilienza.

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