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Quattro anni fa: il 3 aprile 2016 Inzaghi si prendeva la panchina della Lazio

Un elogio e un ringraziamento a Simone Inzaghi per la sua storia con la Lazio. Dal suo arrivo nel ’99 a oggi solo una parola: grazie.

di Massimiliano Venturi

Grazie Simone per quelle mani sulle tempie, quel viso distrutto, quegli occhi lucidi, che descrivono la prima chiusura di un cerchio. Quello aperto in una calda estate del 1999, quando arrivasti a Roma, su consiglio di un Mancini, già proiettato nel tuo futuro da manager.

Un inizio folgorante: Supercoppa Europea, Scudetto, Coppa Italia, Supercoppa Italiana poi molti alti e bassi, più bassi a dir la verità per colpa di quella schiena maledetta che ti ha costretto a chiudere in anticipo la carriera. L’inizio da allenatore delle giovanili, il dramma di Mirko e tu da “genitore” proteggi i tuoi ragazzi accompagnandoli nella loro crescita, con un pensiero fisso sul loro compagno scomparso.

I trofei iniziano ad arrivare anche in queste nuove vesti: 2 Coppe Italia, Supercoppa Italiana e anche uno scudetto perso ai rigori. Ma ecco la grande occasione della vita, Pioli perde malamente il derby e tu da laziale corri in soccorso della squadra.

Inizi davanti a tremila persone e porti al sicuro una nave che stava affondando. Ci metti tutto: cuore, voglia, lazialità e davanti alla telecamere affermi che la tua permanenza sarebbe giusta e anche meritata. Invece no, la Lazio sceglie Bielsa e decide di mandarti a Salerno a farti le ossa e tu anche li accetti, senza fiatare, ma quello stellone che di solito aiuta la Lazio stavolta decide di aiutare un suo figlio. L’argentino si rifiuta di venire e tu ricevi la chiamata tanto sognata. Non ci pensi neanche un secondo, dici di sì e torni a bordo di questa barca senza comandante.

Sono stati anni esaltanti, fatti di gioie e dolori, di coppe e di “furti”, di grandi prestazioni e anche brutte cadute ma tu sei c’hai sempre messo la faccia, sempre a difesa di quei ragazzi che per te continuano a essere figli.

In questo fantastico viaggio mancava solamente una cosa: la Champions League. Una competizione che tu conosci bene e che da giocatore ha vissuto parecchie volte. Ora ci siamo Simo, finalmente ci siamo riusciti, rilassa le tempie, asciugati gli occhi e riposa perché questa è solo una sosta, ci aspetta un nuovo bellissimo viaggio.

Io posso solo ringraziarti perché in quell’estate del 2016 hai scelto di dirci sì quando tutto il mondo ci voltava le spalle e ci diceva no.

Grazie.

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